Nella nostra cultura occidentale vige, ahimè, l’idea che i bambini piccoli debbano dormire tutta la notte di filato, senza risvegli. Per cercare di ottenere ciò, si sono diffusi metodi di vario tipo.
La scienza evidenzia però che il sonno è un fenomeno piuttosto complesso e che possiede una specifica fisiologia, in particolare nell’infanzia. E’ importante che gli adulti ne siano consapevoli in modo da adottare delle routine e degli atteggiamenti legati al sonno il più possibile in linea con i bisogni dei bambini.
L’obiettivo di questo articolo è quindi di fornire conoscenze di base sulla fisiologia del sonno dei bimbi nei primi anni di vita.
Un primo punto riguarda il “come far dormire di più e più a lungo i bambini”. Questo obiettivo, che solitamente gli adulti cercano di raggiungere, è però viziato a monte. Proprio per come funziona la fisiologia del sonno, non sta qui la questione.
Vediamo quindi di cosa stiamo parlando.
Appena nato e nei primi mesi di vita, il piccolo passa circa il 70-80% del tempo a dormire. Si calcolano circa 15-20 ore al giorno di sonno per i neonati contro le 5-6 ore degli anziani.
In particolare, si passa dalle 16-17 ore di sonno alla prima settimana di vita alle 15 ore intorno ai 6 mesi, poi alle 14 ore a circa 1 anno, 13 ore intorno ai 2 anni, 12 ore verso i tre anni. Successivamente i bambini tendono a dormire circa 11 ore dopo i 6 anni, 9 ore dopo i 10 anni, 8 ore in adolescenza. Ovviamente, questi numeri sono indicativi, rappresentano una media. Come sappiamo ciascuno è diverso dagli altri e si possono quindi trovare ampie variazioni soggettive, in genere più evidenti dopo i 6 mesi di vita.
Il sonno, pertanto, possiede una evoluzione nel ciclo di vita umano, per cui da neonati si ha più bisogno di dormire poi, man mano che si cresce, il tempo del sonno decresce gradualmente. I piccoli dormono di più in quanto il sonno assolve a diverse funzioni:
– favorisce lo sviluppo cerebrale (in particolare il sonno REM);
– consolida memoria e apprendimento;
– favorisce la secrezione dell’ormone della crescita;
– rafforza il sistema immunitario;
– consente al cervello di “ripulirsi” dalle tossine di scarto prodotte durante la veglia.
Poiché il sonno, come abbiamo brevemente visto, favorisce numerose funzioni fondamentali per il sano sviluppo dei bambini, è molto importante che gli adulti rispettino i ritmi di sonno dei piccoli e che quindi li lascino dormire per il tempo a loro necessario, evitando di svegliarli in modo arbitrario, ma lasciando a loro la regolazione del proprio risveglio.
Qualora dovesse essere necessario, per qualche motivo, svegliare anzitempo il bambino, sarebbe utile farlo quando egli attraversa fasi di sonno leggero, in quanto essere svegliati durante il sonno profondo è molto fastidioso e suscita irritabilità e nervosismo. Come capire il giusto momento? Si può accarezzare il bambino e parlargli dolcemente nell’orecchio: se egli si gira, si muove o tende ad aprire gli occhi vuol dire che è in una fase di sonno leggero. In caso contrario, è nel sonno profondo: meglio quindi lasciarlo proseguire e riprovare in un momento successivo.
Il sonno non solo evolve lungo il corso della vita, ma anche nel corso della notte. Si parla, infatti, di cicli di sonno, i quali hanno una durata di circa un’ora per i neonati, fino ad arrivare ai circa 90′-120′ negli adulti. Il sonno di una notte, quindi, è composto da diversi cicli di sonno (da 3 a 5 mediamente nell’adulto) che si ripetono in sequenza uno dietro l’altro.
Pertanto è scorretto affermare che sia possibile trascorrere una notte intera in un unico ciclo di sonno.
Il singolo ciclo di sonno, poi, attraversa diverse fasi (come accennato poco fa), le quali pur essendo le stesse per adulti e bambini, differiscono nella quantità di tempo trascorso in ciascuna fase.
In particolare, gli adulti che, come detto, hanno un ciclo di circa 90′-120′, sperimentano una prima fase della durata di circa 20′ che porta dalla sonnolenza all’addormentamento. Dopodiché si passa ad un primo momento di sonno molto leggero, seguito da una fase di sonno profondo, che serve a ristorarci dalla fatica fisica. In seguito, circa negli ultimi 30′ del ciclo di sonno, si passa alla fase REM, quella in cui si sogna e che serve a ristorarci dalla fatica mentale. Dopo la fase REM, avviene una nuova fase di sonno molto leggero che ci porta ad iniziare un nuovo ciclo di sonno. In questa fase è facile risvegliarsi, ma ci si riaddormenta altrettanto facilmente.
Questo per quanto riguarda il sonno degli adulti. Da notare che, durante la gravidanza, la gestante modifica la “composizione” del proprio ciclo di sonno, accordandosi con la fisiologia del sonno del feto, per cui il sonno REM, solitamente intorno al 20% negli adulti, aumenta al 25% e poi fino al 45-50% di fine gravidanza, ovvero la quota di sonno REM del nascituro, ciò che a lui serve per il suo sviluppo cerebrale.
Nei bambini, il ciclo di sonno funziona in modo differente, in primis per durata complessiva di ogni ciclo, come anticipato, di circa un’ora, equamente diviso tra sonno REM e non-REM. Il sonno REM, ha una quota del 50% circa alla nascita, poi passa al 25% tra i 2-3 anni e verso i 5 anni diventa del 20%, come nell’adulto. Il sonno REM è più ampio da molto piccoli perché è funzionale allo sviluppo cerebrale e diminuisce a circa il 14% nell’anziano. L’alternarsi dei diversi cicli di sonno generalmente porta i bambini piccoli a dei micro risvegli tra un ciclo e l’altro e, poiché i loro cicli di sonno sono più brevi, ciò significa che si svegliano con più frequenza: infatti, immaginando le 6 ore di sonno, l’adulto può svegliarsi 3 volte contro le 6 del neonato.
Quindi, ciò che spesso accade è che, tra un ciclo e l’altro di sonno, avvengono dei micro risvegli. Noi adulti in genere ci giriamo dall’altra parte e ripartiamo con un nuovo ciclo. I bambini piccoli, invece, talvolta riescono a fare altrettanto, ma il più delle volte fanno fatica a riaddormentarsi da soli tra un ciclo e l’altro e quindi richiamano gli adulti per essere supportati[1]. Tutto assolutamente NORMALE. I bambini di notte temono la lontananza dai genitori e ciò è stato programmato dalla Natura per proteggerli dai potenziali predatori[2]. Per questo (e non solo…) quando si svegliano necessitano frequentemente del sostegno degli adulti, fino a che, nel tempo, imparano a gestirsi da soli.
Esistono, poi, dei momenti particolari in cui l’incidenza dei risvegli notturni tra un ciclo di sonno e l’altro aumenta: sono le fasi cosiddette della “sleep regression”. Per esempio, quando il bambino impara a muoversi in modo autonomo (gattonare e camminare) e nel periodo fino ai 18 mesi/2 anni in cui è molto presente l’ansia da separazione e quindi anche separarsi per andare a dormire rappresenta una fatica per i piccoli. Altre cause di risveglio (sleep regression) sono:
- la dentizione
- alimentazione inadeguata in quanto poco digeribile o troppo abbondante o troppo scarsa
- una certa sensibilità ai rumori
- inserimento al nido o alla scuola dell’infanzia
- malattie
- nascita fratellino/sorellina
- ripresa lavorativa della mamma, per cui il bambino necessita di un maggiore contatto fisico, ricercandolo anche la notte
- tensioni familiari
- presenza in casa di persone poco familiari
- cambiamento nelle routine quotidiane, trasloco, etc.
- emissioni elettromagnetiche. Rispetto a questo tema esiste un dibattito scientifico ancora aperto, ma pare che alcuni bambini siano molto sensibili alle onde elettromagnetiche. Per sicurezza è utile evitare che il piccolo dorma vicino alle fonti di tali onde, quindi che riposi lontano da cordless, cellulari, tablet e dal wireless (meglio ancora se questo di notte viene spento).
Poiché, come abbiamo appena visto, i micro risvegli tra un ciclo di sonno e l’altro sono NORMALI, la vera questione rispetto al sonno non è tanto legata al fatto che il bambino si svegli ripetutamente, quanto sul tempo che occorre perché si riaddormenti, tenendo presente che, comunque, fino ai 3 anni i risvegli sono frequenti. Iniziano poi a diminuire progressivamente tra i 3 e i 5 anni, periodo entro il quale la maggior parte dei bambini inizia a dormire più o meno come gli adulti.
Come possiamo vedere, quindi, i genitori necessitano di una certa quota di pazienza e resistenza visto che i piccoli impiegano diversi anni per regolarizzarsi ed imparare a gestirsi in autonomia la notte.
Possiamo archiviare l’idea che ci sia qualcosa che non va in noi o nel bambino se lui si sveglia frequentemente. Fa parte della normalità. Nel tempo, il bambino imparerà che è tutto ok anche la notte e con l’acquisizione di maggiori competenze, soprattutto emotive, e con la maturazione del suo cervello e del suo sistema nervoso, imparerà a far fronte ai risvegli con maggiore fiducia ed indipendenza.
Se invece la fatica del bambino riguarda il riaddormentarsi a fronte dei vari micro risvegli, per cui egli, nonostante il supporto dell’adulto, non riesce a riprendere sonno, sarà utile in primis confrontarsi col pediatra e analizzare anche la routine quotidiana del piccolo per capire se la sua difficoltà è il segnale di qualcosa da rivedere nella sua giornata o se può essere influenzato da un momento particolare suo e /o della famiglia.
BIBLIOGRAFIA
- Balsamo E. “Sono qui con te” ed. Il Leone Verde
- Bortolotti A. “E se poi prende il vizio?” ed. Il Leone Verde
- Bortolotti A. “I cuccioli non dormono da soli” ed. Mondadori
- Gonzales C. “Besame mucho” ed. Coleman
- Honegger Fresco G. “Facciamo la nanna” ed. Il Leone Verde
- McKenna J. “Di notte con tuo figlio” ed. Il Leone Verde
- Moschetti A. M. “Il sonno dei bambini: uno studio ne rivela i segreti”
- Nanni F. “La nanna si fa così” acquistabile su http://www.soscrescere.org/guide-pratiche/libri/
- Sears W. “Genitori di giorno e di notte” Associazione La Leche League
- GRATUITO https://www.uppa.it/speciali/cosleeping/
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Il sonno dei neonati: dove dormono i bambini?
[1] I motivi che incidono sui risvegli dei bambini riguardano sostanzialmente il loro temperamento e l’ambiente che li circonda. Anche tra i bambini piccoli esistono, poi, i “gufi” e le “allodole”!!
[2] Anche se non esistono più le tigri dai denti a sciabola pronte a farsi in un sol boccone i cuccioli d’uomo, i neonati non lo sanno e il loro sistema biologico è programmato per temere di notte la solitudine e la lontananza dalla protezione degli adulti di riferimento