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La lode intesa come complimento al bambino, per esempio il classico “bravo”,  è una prassi che in genere viene utilizzata dagli adulti con l’obiettivo di sostenerne l’autostima.

Spesso, però,  educatori, insegnanti e genitori si interrogano rispetto all’utilità ed opportunità del suo uso nella relazione educativa.

In effetti, da tempo le ricerche focalizzano l’attenzione su questo tema, evidenziando alcuni limiti delle lodi (vedi anche B. A. Bailey di cui in bibliografia):

 

1) troppe lodi troppo generiche (tipo: “sei sempre così bravo/intelligente/generoso/dolce/etc”) possono opprimere i bambini, portandoli ad interiorizzare un’idea di sé che rischia di spingerli verso standard troppo elevati i quali, se non raggiunti, possono produrre  molta frustrazione e svalutazione. Oppure, al contrario, i bambini possono rifiutare queste etichette eccessive e, inconsapevolmente, voler dimostrare di non essere come gli altri li definiscono, arrivando anche a comportamenti negativi ed oppositivi;

 

2) troppe lodi fondate su giudizi di valore (tipo: “che bravo bambino che sei “)  fanno passare ai bambini il messaggio che quando compiacciono gli adulti sono accettati e benvoluti. Di conseguenza, essi si riterranno “cattivi” e “sbagliati” quando compiranno azioni non desiderate da essi.  Inoltre, eccessive lodi di questo tipo possono portare i bambini a ricercare continuamente conferma e rassicurazione, chiedendo spesso agli adulti: “Sono bravo? Ho fatto giusto? Va bene?” etc.  Lo stesso accade quando l’adulto loda il bambino per i suoi buoni comportamenti o risultati. Per esempio, se un genitore dice: “Sono contento quando porti a casa dei bei voti”, sta inducendo parimenti il bambino a credere di essere benvoluto solo quando fa ciò che piace ai grandi.  Tra l’altro, come detto sopra, se lodiamo i risultati e non lo sforzo e l’impegno, svalutiamo molta parte del lavoro dei bambini e insegniamo loro, involontariamente, che contano solo i risultati (e non credo che questo sia ciò che mediamente gli adulti desiderano passare ai bambini);

 

3) lodi fondate sui paragoni promuovono la competizione. Per esempio: “Tu sì che sei bravo, non come tuo fratello…” oppure “Hai visto che bravo il tuo amico? Perché non fai come lui?” sono commenti da evitare in quanto generano conflitto e, in famiglia, tra fratelli, esacerbano gelosie, rivalità e senso di ingiustizia.

 

Come fare dunque?? Dobbiamo smettere di lodare i bambini??

 

In realtà non è così. Come già evidenziato in questo altro mio articolo, si tratta di modificare il modo in cui usiamo le lodi.

 

Innanzitutto:

 

  • È importante che non siano utilizzate per ogni minima cosa, pena la perdita di senso ed utilità;

 

  • È importante che siano sincere, che parlino di noi stessi e che siano mirate a sollecitare anche l’autovalutazione del bambino. Per esempio: “mi piace il tuo disegno, soprattutto questo albero. E tu sei soddisfatto di quello che hai disegnato?”

 

  • È utile che siano dirette all’impegno, allo sforzo, più che alle caratteristiche del bambino. Infatti, lodare un bambino solo perché è “intelligente”, “bravo”, “bello”, etc. potrebbe portarlo, in caso di fallimento, a considerarsi “stupido”, “incapace”, “brutto” etc. Invece, quando sosteniamo l’impegno del bambino (per esempio: “Ci sei riuscito! Ti sei impegnato molto e ce l’hai fatta! Puoi essere orgoglioso di te!”) egli  impara a collegare ad esso i suoi risultati. Di conseguenza, saprà che, se una volta non è riuscito a raggiungere il suo obiettivo, una prossima volta, impegnandosi di più, potrà farcela e che la cosa importante nella vita è “mettercela tutta”, facendo il meglio che si può .

 

Si tratta più che altro di trasformare quindi le lodi valutative in “lodi descrittive“, come le definiscono A. Faber & E. Mazlish nel loro utilissimo testo (vedi bibliografia).

 

Nello specifico le lodi descrittive, come dice il termine, osservano e descrivono ciò che il bambino fa, restituendogli e riconoscendogli le sue azioni.  Si basano perciò non su giudizi di valore o di merito, o su paragoni, ma su ciò che è possibile osservare, come una telecamera o una macchina foto.

 

Di fatto, rappresentano un incoraggiamento più che una lode come la intendiamo di solito, ed hanno l’obiettivo di far sentire il bambino visto e riconosciuto. Infatti, il bisogno di sentirsi visti e riconosciuti ha una importanza significativa per noi umani, a tutte le età, ma ancora di più da piccoli, in quanto i bambini costruiscono il loro senso di sé a partire dal rispecchiamento che gli arriva dal mondo circostante, adulti in primis.  Non a caso, una delle frasi più utilizzate dai bambini è: “Mamma/papà/maestra guardami…”!!

 

Come dice B. A. Bailey, però “i bambini chiedono di essere visti, non giudicati. (…) Osservare i bambini è un modo eccellente per incoraggiarli. Descrivete a vostro figlio ciò che vedete e lasciatelo libero di fare una valutazione personale dei suoi sforzi o traguardi[1].

 

Faber & Mazlish ci dicono che “la lode utile si presenta in due parti:

 

  1. l’adulto descrive con apprezzamento ciò che vede o prova;

 

  1. il bambino, dopo aver sentito la descrizione, è n grado di lodare se stesso”[2].

 

Osservare e quindi descrivere ai bambini le loro azioni li aiuta, tra l’altro, a diventarne consapevoli, integrando gli apprendimenti insiti nelle diverse situazioni che sperimentano.

 

Per esempio, invece che dire: “Bravo Giovanni, finalmente hai riordinato la tua camera” potremmo dire: “Giovanni, vedo che hai sistemato le costruzioni nella loro scatola, le macchinine nella cesta e riposto i peluches nell’armadio. Ora penso che riuscirai a trovare ed usare  i tuoi giochi più in fretta quando ti servono”.

 

Oppure, anziché: “Che bella scivolata!”, potremmo dire: “Ce l’hai fatta! Lo scivolo è molto alto e tu sei riuscito a salire fino in cima ed a scendere giù veloce. Sei stato coraggioso”, oppure semplicemente: “Wow! Guarda che scivolata che hai fatto!”.

 

In sintesi, possiamo ispirarci alle indicazioni di Faber & Mazlish[3]:

 

  1. Descrivete quello che vedete. Per esempio: “Vedo un pavimento pulito, un letto ben fatto e i libri allineati ordinatamente sullo scaffale”

 

  1. Descrivete ciò che provate. “E’ un piacere entrare in questa stanza!”

 

  1. Riassumete in una parola il comportamento degno di lode del bambino. “Hai diviso i tuoi Lego, le macchinine e gli animali della fattoria, mettendoli in scatole separate. E’ quella che io chiamo organizzazione”

 

Similmente B. A. Bailey[4], ci suggerisce di :

 

– aprire la frase con “tu” o il nome del bambino o “guardati” o “ce l’hai fatta”;

 

– descrivere il comportamento, l’azione;

 

– chiudere con quella che lei definisce “etichetta” come, per esempio, “sei stato di aiuto”, “bene”, “sei stato premuroso/coraggioso/determinato/gentile/ben organizzato”.   A suo avviso le etichette non sono necessarie, ma servono più che altro a noi adulti per abituarci a questa nuova modalità di fare elogi. Infatti, siamo talmente abituati a fare i complimenti, che sbarazzarcene è piuttosto faticoso. Aggiungendo i commenti in coda, veniamo incontro alle nostre esigenze, evidenziando però in prima battuta al bambino la descrizione ed il riconoscimento delle sue azioni.

 

Concludo con una nota personale:  ritengo sia senz’altro importante che gli educatori  (genitori, familiari, insegnanti,  etc) integrino nuove informazioni e prassi educative. Allo stesso tempo sono consapevole di quanto sia difficile acquisire modalità di comunicazione così diverse da ciò che abbiamo imparato fin da bambini come figli e piuttosto lontane da quella che la nostra cultura educativa e la nostra quotidianità ci presenta.

 

Credo che sia quindi utile tenere presente le indicazioni fornite in questo articolo e, per il bene dei bambini, impegnarsi nel modificare il proprio modo di elogiarli, senza però sentirsi inadeguati quando “scapperà” di dire “Bravo!” o “Sei grande/fantastico/speciale” ai propri figli o ai bambini di cui ci si occupa…!!  :-))

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

 

 

 

[1] in “Facili da amare, difficili da educare“, ed. Feltrinelli, Milano, 2013

[2] in “Come parlare perché i bambini ti ascoltino & come ascoltare perché ti parlino“, Mondadori, Milano, 2014

[3] in op. cit.

[4] in op. cit.