di Maria Cristina Faccin, diplomata all’Accademia delle Belle Arti, conduttrice di laboratori creativi per bambini
“All’inizio è l’azione”
J. Piaget
E’ attraverso il gesto che noi conosciamo il mondo e noi stessi. All’inizio vi è l’interazione con l’ambiente che fa emergere la realtà. Così conosce il mondo il neonato, dapprima succhiando, più avanti toccando e usando tutti i sensi.
Le ricerche più recenti in neuropsicologia e biologia stanno confermando che è dall’interiorizzazione dei gesti che partono i pensieri, l’immaginazione, i concetti.
Il gesto è di per sé intelligente perché è con esso che diamo forma ai nostri pensieri, al nostro corpo e al mondo.
Il fare è stato introdotto nella scuola come momento di rottura della tradizione che vedeva il bambino ascoltatore passivo. Si pensi al Metodo Montessori che, attraverso l’uso dei diversi materiali, permette al bambino di essere autonomo e protagonista del proprio apprendimento.
Quando si agisce su un materiale, questo trasmette al nostro gesto delle informazioni su di sé, sulle caratteristiche che gli appartengono.
Normalmente noi pensiamo che le mani “facciano” e la materia “si lasci fare”, ma agendo concretamente con le mani, e questo gli artigiani lo sanno bene, la materia esprime vincoli e resistenze. Si tratta sempre di una negoziazione, si crea un dialogo tra gesto, materia e pensiero.
L’intelligenza del gesto non impone con la forza la propria volontà, ma cerca di negoziare il proprio progetto d’azione con i vincoli e le resistenze che la materia esprime.
Il bambino che vuole fare qualcosa con le mani, agisce, raccoglie informazioni, conversa con il materiale, lo conosce e nello stesso tempo impara a conoscere se stesso.
A questo punto possiamo immaginare che più il bambino farà esperienze che gli consentano di sperimentare l’interazione con i materiali più vari più arricchirà la propria comprensione del mondo.
Questa è la base per lo sviluppo della creatività nel bambino.
Per dirla con Munari: “Se vogliamo che il bambino diventi una persona creativa, dotata di fantasia sviluppata e non soffocata (come in molti adulti) noi dobbiamo fare in modo che il bambino memorizzi più dati possibili, nei limiti delle sue possibilità, per permettergli di fare più relazioni possibili, per permettergli di risolvere i propri problemi ogni volta che si presentano. […] Nei primi anni della sua vita, l’individuo si forma e resterà tale per tutta le sua vita. Dipende dagli educatori se questa persona sarà poi una persona creativa o se sarà un semplice ripetitore di codici. Dipende da questi primissimi anni, dall’esperienza e dalla memorizzazione dei dati, se l’individuo sarà libero o condizionato. Gli adulti dovrebbero rendersi conto di questa grandissima responsabilità dalla quale dipende il futuro della società. […] Una persona senza creatività avrà sempre difficoltà di adattamento nelle inevitabili mutazioni della vita” (Bruno Munari, Fantasia).
Per “memorizzazione dei dati” si intende la possibilità di sperimentare liberamente e interiorizzare informazioni, in quanto la creatività è la facoltà di cogliere relazioni inedite tra le cose che si conoscono. E’ la capacità di risolvere problemi apparentemente insolubili. E allora noi educatori abbiamo la possibilità di proporre ai bambini materiali, tecniche e strumenti in modo da alimentare la loro conoscenza e di conseguenza la loro fantasia e la loro creatività.
Si tratta quindi di proporre loro materiali destrutturati e interessanti dal punto di vista sensoriale, in modo che essi possano investirli dei loro significati, attingendo alle proprie risorse creative, attivando la fantasia e assimilando informazioni e conoscenze su come funziona il mondo attorno a sé.
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