Con molta frequenza i bambini in età prescolare (ma non solo!), e soprattutto i maschi, giocano tematiche che sono considerate “violente” e “aggressive” agli occhi degli adulti, con un ampio uso delle armi, giocattolo e non (basta infatti usare pollice e indice per una pistola di uso immediato). Da notare che il gioco delle armi viene fatto dai bambini di ogni cultura, evidenziando quindi che esso rappresenta un tema “universale”.
Di fronte a questi giochi, tanto gli insegnanti e gli educatori, quanto i genitori, tendono a “storcere il naso”, spesso vietandoli ai bambini ed evitando di acquistare armi giocattolo. Sotto al divieto risiede il timore che, attraverso questi giochi, essi diventino persone violente e guerrafondaie.
Come dice B. Bettelheim, però, impedire ai bambini di fare giochi con le armi “perché si ha in odio la violenza e la guerra, è negativo per il bambino e riflette esclusivamente preoccupazioni e paure nostre. C’è chi teme che la passione per le armi, da bambini, sia la causa della violenza degli adulti, o addirittura che, giocando a questi giochi, il loro figlio possa diventare da grande un assassino. Ma questi sono ragionamenti sbagliati e pericolosi“.[1]
Infatti, pensare che un bambino possa diventare un violento da grande solo perché gioca con le armi equivale a pensare che possa diventare un ingegnere o un muratore perché fa le costruzioni coi mattoncini, oppure un meccanico o un pilota d’aereo perché ama giocare con le macchinine o gli aereoplani…E’ pertanto evidente che le tematiche dei giochi simbolici dei bambini non sono predittive delle loro professioni future o della loro inclinazione ad essere più o meno violenti.
Al contrario, permettere ai bambini di esprimere le loro NATURALI istanze aggressive attraverso il gioco simbolico garantisce che esse non vengano trattenute e soffocate, col rischio, in questo caso sì, che esplodano poi violentemente in fasi successive del ciclo di vita (come per esempio in adolescenza o in età adulta).
Come dice ancora Bettelheim “giocare alla guerra e con le armi consente di scaricare le frustrazioni accumulate, e quindi tende a ridurne il livello. Di conseguenza il bambino riuscirà a controllare i sentimenti aggressivi e ostili, più facilmente che non se gliene fosse impedita la scarica a livello simbolico[2].”
I bambini vivono quotidianamente tutta una serie di frustrazioni connaturate alla loro stessa immaturità nonché giovane età. Per esempio, vorrebbero prendere un gioco sullo scaffale ma non ci arrivano; vorrebbero la pasta al sugo e invece c’è quella in bianco; il fratellino invade lo spazio di gioco e si prende la macchinina preferita; etc etc. Sono situazioni normali e che non vanno risparmiate loro (entro limiti “digeribili”): essi, infatti, hanno bisogno di imparare a tollerare e gestire la frustrazione. Ciò non toglie che situazioni come quelle poc’anzi esemplificate producano una certa quota di tensione aggressiva fisiologica che serve venga espressa e canalizzata in modo “sano”.
Come dice D. W. Winnicott: “Tutti i bambini provano rabbia e, di conseguenza, aggressività. Questi sentimenti sono classificati come ‘cattivi’. Il bambino che si rende conto di avere in sé qualcosa di cattivo può sentirsi ‘sporco’, colpevole. Sapere che tali sentimenti possono essere espressi, a certe condizioni (ad esempio attraverso il gioco) senza provocare risentimento e violenza nei suoi confronti, è rassicurante per il bambino”[3].
Per poter esternare tali tensioni, quindi, il gioco rappresenta un canale privilegiato, sia nella sua forma sensomotoria (per esempio: giochi di movimento, costruire grosse torri con gli scatoloni da abbattere e poi rifare, manipolare vari tipi di impasto, lanciare, etc. ) che simbolica. In questo secondo caso, tipicamente i bambini inventano scenari di gioco fantastici, impersonando super eroi e personaggi “cattivi” (anche in base al cartone animato o film o videogioco del momento), oppure giocano a guardie e ladri, o ancora a fare la guerra. Così sparano, colpiscono, uccidono, distruggono con armi di diverso tipo e potenza, inscenando battaglie e scontri di ogni genere, solitamente simulando la lotta tra “il bene” e “il male”.
In questo modo essi possono trovare un’uscita simbolica alle loro tensioni emotive, di fatto senza fare male a nessuno, in quanto tutto avviene sul piano della finzione! Inoltre, inscenando l’eterna lotta tra il bene e il male, essi cercano di capire questi concetti e ciò contribuisce al loro sviluppo morale.
Oltre a consentire la canalizzazione delle energie aggressive, il gioco con le armi ha altre valenze simboliche che esploreremo nella seconda parte di questo articolo.
Silvia Iaccarino
[1] in “Un genitore quasi perfetto“, ed. Feltrinelli, Milano, 2013
[2] ibidem
[3] citato in “Giochi con me?” di C. Porta, ed. Il Leone Verde, Torino, 2012. Ciò non significa che il gioco delle armi vada utilizzato in modo direttivo dall’adulto, indicando ai bambini di farlo quando sono arrabbiati o frustrati!! Semplicemente e in modo spontaneo, quando giocano i bambini proiettano nel gioco le loro istanze interiori e, attraverso la finzione, essi possono scaricare in modo sano e senza fare male a nessuno la normale tensione che accumulano durante la quotidianità. Quando fanno questa tipologia di gioco i bambini non sono arrabbiati, ma divertiti! All’adulto il compito, comunque, di monitorare che si resti sul piano della finzione (ovviamente se reputa di concedere questo tema di gioco).